
Il service learning: perché?
Il service learning è un valido ed efficace aiuto per mettere in primo piano l’operatività dei ragazzi, assegnando loro un ruolo da protagonista, così come richiede la moderna pedagogia.
Il decreto legge, ancora in corso di approvazione, sull’educazione civica si pone obiettivi ambiziosi che i docenti, le famiglie e le istituzioni, compreso il volontariato, dovrebbero fare propri. Anche questo documento va nella direzione, oramai accettata e consolidata, che porta all’acquisizione delle competenze. Questo non vuol certo dire, però, abbandonare gli insegnamenti disciplinari, bensì prevederne solo un uso strumentale all’obiettivo principale rappresentato, appunto, dalle competenze. Spesso le conoscenze e le competenze vengono messe in contrapposizione dimenticando, però, che le competenze poggiano sulle conoscenze. Li contraddistingue il metodo, l’approccio del processo di apprendimento. Le discipline, infatti, sono e devono essere lo strumento necessario ma non sufficiente per acquisire le competenze. Tale obiettivo si raggiunge solo con l’espletamento di compiti di realtà, cioè risolvendo, o provando a farlo, situazioni problematiche reali o realistiche, che abbiano un senso per i ragazzi. Bisogna stimolare l’interesse e la motivazione che rappresentano i motori indispensabili per promuovere un insegnamento che sia veramente significativo. In questa ricerca può esserci d’aiuto il service learning.
Ma di cosa si tratta?
Secondo Maria Nieves Tapia, il service learning, o apprendimento per servizio, è una proposta pedagogica che permette a bambini, adolescenti e giovani di sviluppare le proprie conoscenze e competenze. Il service learning è una proposta pedagogica che unisce il service (la cittadinanza, le azioni solidali ed il volontariato a favore della comunità) ed il learning l’acquisizione di competenze professionali, metodologiche, sociali e soprattutto didattiche). Grazie alla sua applicazione gli allievi possono sviluppare conoscenze e competenze attraverso un servizio solidale svolto a vantaggio della comunità di appartenenza. L’implementazione di tale proposta pedagogica, inoltre, consente di imparare e di agire. In questo senso, si presenta come una pedagogia in grado di migliorare l’apprendimento ed al tempo stesso di potenziare i valori della cittadinanza attiva. E questo ne fa l’alleato ideale per l’educazione civica.
Questa affermazione porta alla mente il protagonismo dei ragazzi, il metodo laboratoriale e la didattica per competenze. Infatti, il metodo laboratoriale è un approccio che mette gli alunni non solo in grado di fare ma, cosa ancora più importante, nelle condizioni di progettare, di programmare e di riflettere sul loro fare.
La didattica per competenze, dal canto suo, presenta delle ben specifiche caratteristiche:
- promuove la persona nella sua interezza;
- considera il sapere, il saper fare ed il saper essere;
- va ben oltre la lezione frontale, spesso noiosa, ripetitiva e demotivante;
- mette gli alunni di fronte a situazioni reali in cui si possono sperimentare e mettere alla prova.
La riflessione deve sempre precedere, accompagnare e seguire le attività svolte, in modo da promuovere la capacità degli studenti di dare senso alle loro esperienze, così come richiesto dalle Indicazioni nazionali 2012. In questa attività è molto importante la documentazione delle esperienze perché essa permette di rileggere le esperienze stesse e di potervi riflettere anche dopo un certo tempo, con la mente più serena e uno sguardo più distaccato dall’ardore del momento. Sulla documentazione vedi l’articolo Storicizzare in digitale.
L’acquisizione e la valutazione delle competenze hanno assoluto bisogno dei compiti autentici o compiti di realtà. Per progettare un compito di realtà bisogna:
- partire da un bisogno reale del contesto;
- promuovere il protagonismo dei ragazzi;
- promuovere la dimensione dell’incontro tra scuola e realtà.
Sono tutte caratteristiche che appartengono e sono connaturate al service learning che, in tal modo, promuove un’educazione generativa, cioè in grado di generare altre conoscenze e di indurre cambiamenti nei comportamenti e negli atteggiamenti.
È bene tenere presente, però, come asserito da Andrew Furco, che «non basta che le due sfere (apprendimento e servizio) siano in contatto tra loro per avere il service learning. Abbiamo bisogno di una sfera che rappresenti la loro vera ed effettiva commistione».
Qualcuno potrebbe chiedersi: «Quali sono gli strumenti che possono aiutarci ad incontrare i bisogni degli alunni?». Ecco alcuni esempi:
- l’ascolto attivo, che implica il saper porre le giuste domande;
- le interviste;
- i questionari;
- il ricorso ad immagini e fotografie appropriate.
Nel caso del service learning, si può, anzi si deve, far ricorso all’albero dei problemi. Si tratta di uno schema basato sul disegno stilizzato di un albero, in cui il tronco è il problema, le radici ne rappresentano le cause e le foglie gli effetti. Per inserire i vari termini si fa ricorso ad una seduta di brainstorming. Con la stessa metodologia si può compilare la tabella del GUT, cioè una tabella dove, per ogni problema emerso dalla discussione con i ragazzi, si assegna un valore tra 1 e 10 alla Gravità, all’Urgenza ed alla Tendenza, cioè la probabile evoluzione del problema nel tempo. Per ogni riga, quindi, si calcola il prodotto dei tre indici e si stila la relativa graduatoria di priorità per scegliere il problema da affrontare.
L’approccio pedagogico del service learning parte dal presupposto che la cittadinanza non sia un contenuto da trasmettere ma il risultato di un’esperienza di vita, infatti chiede agli studenti di compiere azioni concrete, di spendersi per il bene della collettività, senza nulla a pretendere. In questo servizio sarà compito del docente innestare le basi teoriche presenti nelle varie discipline. Un ulteriore vantaggio del service learning sta nel fatto che l’alunno si mette alla prova in contesti reali, anche se protetti. Questo aiuta il rafforzamento dell’autostima, ma anche la creazione di relazioni umane pro-sociali. Si rende conto, l’alunno, che la collaborazione e la condivisione dei compiti portano ad una situazione molto più gratificante e produttiva della mera competizione. Ed in tale ottica, il service learning opera nella direzione di una scuola veramente inclusiva. E non è poca cosa!
Altro fattore molto importante, come è facile evincere da quanto detto, è il protagonismo richiesto agli studenti ed agli alunni. Questo, a sua volta richiede e promuove un cambio di logica. Il docente, infatti, deve abdicare al suo ruolo di protagonista e di detentore della verità per assumere quello di regista. Egli deve parlare sempre meno per lasciare la parola, e la scena, agli studenti ed agli alunni. Deve essere in grado di promuovere e trarre fuori il meglio da ogni suo alunno, svolgendo la funzione, spesso dimenticata, di maieuta. Per fare in modo che il service learning sia un’occasione vera di crescita e di apprendimento, bisogna che esso incontri i ragazzi ed i loro interessi, per aumentare la loro motivazione.
Per promuovere il service learning bisogna valorizzare le esperienze, il know how, le buone pratiche presenti nella scuola, ma dando sempre uno sguardo attento alla realtà che sta Oltre l’aula[1] per citare il titolo di un volume del professore Italo Fiorin, massima autorità italiana sul service learning. Quando si vuole realizzare un percorso formativo, bisogna partire sin dall’inizio, cioè dalla sua progettazione, coinvolgendo i ragazzi. Infatti, motivare vuol dire stimolare principalmente la componente intrinseca, il che si traduce nell’aiutare il ragazzo a crescere.
La scuola ha due funzioni essenziali:
- calmare gli animi
- aizzare gli animi
Per quanto riguarda la prima funzione basti pensare a quanto si sente e si legge quotidianamente circa il bullismo, il cyber bullismo e la vera e propria violenza, fisica e verbale, perpetrata e consumata all’interno delle mura scolastiche. Calmare gli animi, inoltre, permette anche la riflessione della cui importanza e necessità abbiamo giù detto. Per la seconda funzione, si fa riferimento alla stimolazione dei nostri ragazzi verso la conoscenza, verso nuove acquisizioni, verso una visione che sia fuori dal coro, il sapere guardare le stesse cose con occhi diversi. Essere motivati e determinati ad andare oltre l’apparenza, a superare la standardizzazione e l’appiattimento del pensiero.
A conclusione di questo scritto mi sembra opportuno puntualizzare che il service learning ha implicazioni positive a patto che ad ogni attività venga dato il tempo adeguato e che essa sia confinata in uno spazio ben determinato, nella speranza di tenere sotto controllo quante più variabili possibili. Inoltre, bisogna fare attenzione a non confondere abilità con competenze. Le abilità indicano, infatti, la capacità di applicare conoscenze per portare a termine compiti o risolvere problemi. Sono, quindi, descritte come cognitive o pratiche.
Le competenze, invece, hanno un orizzonte più ampio. Indicano, infatti, la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e metodologiche in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Le competenze, quindi, sono descritte in termini di responsabilità e di autonomia.
Per concludere, reputo funzionale e strumentale sfatare la falsa convinzione di alcuni secondo cui il service learning sarebbe relegato e marginalizzabile solo all’acquisizione di competenze di cittadinanza. Sarebbe già un grande successo, ma, al contrario, il service learning è in grado di coinvolgere, promuovere e potenziare tutte le discipline.
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[1] Italo Fiorin (a cura di), Oltre l’aula La proposta pedagogica del service learning, Mondadori Università, 2016