
Il copia-incolla: una mentalità da combattere
Gli strumenti non sono neutri, hanno la capacità di cambiare e di modificare il modo di agire e di pensare, quindi sono in grado di indurre apprendimento. Per questo i docenti devono tenere in massima considerazione gli strumenti utilizzati e scegliere quelli più appropriati ad un certo obiettivo.
Da questa costatazione ne consegue che gli strumenti devono essere utilizzati con attenzione e consapevolezza.
Nell’epoca attuale, lo strumento innovativo per antonomasia è senza dubbio quello informatico nelle sue varie forme. Le modifiche comportamentali indotte dalla tecnologia informatica sono molteplici e sarebbe semplicemente pleonastico, oltre che noioso, elencarle tutte. La tecnologia informatica ben si sposa, essendone nel contempo causa ed effetto, con la spasmodica ricerca della velocità, del fare tutto in fretta, che caratterizza i nostri giorni e la nostra vita.
Tra le opportunità permesse e fornite dall’informatica e dall’informatizzazione mi voglio qui soffermare sulla funzione copia-incolla, perché è quella più esemplificativa. Tale funzione si può applicare a qualunque tipo di file, indipendentemente dal suo contenuto. È divenuta l’icona stessa della riproducibilità e della replicabilità. Il fatto di poter replicare tutto e sempre, con qualche semplice click, può portare ad una deresponsabilizzazione, ad un venir meno al proprio ruolo, ad un’appropriazione indebita e sterile del lavoro altrui. Nasconde, però, un grande inganno. È un po’ come una sirena che, grazie alla melodiosità del suo canto, riesce a fare andare fuori rotta i marinai che l’ascoltano. Al copia-incolla si potrebbe applicare uno slogan pubblicitario che, qualche anno addietro, promuoveva l’acquisto di una cucina componibile: la più amata dagli italiani. Anche questa funzione è molto amata, e non solo dagli studenti, ma anche dai docenti. Inoltre, qualche politico vi fa ricorso addirittura per il suo programma di governo!
Questa poliedrica funzione permette di risparmiare un sacco di tempo, qualità sommamente apprezzata dai docenti, sempre più oberati da incombenze burocratiche. Dal punto di vista dei ragazzi, invece, permette di mettere insieme un documento, la famosa ricerca o, meglio, l’ancora più famosa tesina, senza eccessivo sforzo e senza impegnarsi nel necessario e faticoso, ma proficuo, processo di riflessione e di rielaborazione personale delle fonti. Personalmente mi sono sempre rifiutato di accettare tesine siffatte.
Il quotidiano ricorso al copia-incolla da parte di alunni e docenti mette in un angolo, marginalizzandola, la cultura del progetto e, con questa, anche l’acquisizione di competenze. Il docente che, bellamente e trovandosi tutte le giustificazioni di comodo, copia, più o meno integralmente, una programmazione trovata su internet o presa da un collega, viene meno al suo preciso dovere etico e morale di programmare le attività didattiche per quella classe, non per una classe qualsiasi. Programmare per quella specifica classe vuol dire conoscere limiti e risorse di ogni singolo alunno e del gruppo nel suo complesso, con tutte le dinamiche che in essa prendono o possono prendere corpo.
Lo spunto di questo articolo l’ho preso dalla lettura di un documento a firma del professore Carlo Giovannella dell’università di Roma Tor Vergata, pubblicato sul sito www.agendadigitale.eu all’indirizzo www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/il-copia-incolla-come-stile-di-vita-ecco-perche-la-scuola-deve-intervenire/
Il professore Giovannella fa un esplicito richiamo all’obiettivo 4 dell’agenda 2030 dell’ONU. L’SDG (substainable development goal = obiettivo per lo sviluppo sostenibile) richiamato recita testualmente: «Offrire un’educazione di qualità, inclusiva e paritaria e promuovere l’opportunità di apprendimento durante la vita per tutti». Educazione di qualità vuol dire perseguire competenze da spendere, come tali, in contesti diversi, vuol dire promuovere un’istruzione non conservativa ma un’istruzione produttiva, in grado di generare nuove conoscenze.
Se accettiamo, divenendone complici ed artefici, quella che è stata già definita la cultura del copia-incolla non promuoveremo alcuna cultura produttiva, non saremo in grado di proporre, e quindi fare acquisire, le competenze, vero e proprio lasciapassare nella società attuale.
Una piccola divagazione per narrare un episodio realmente accaduto. In un punto, che non è opportuno precisare, della mia quarantennale esperienza di docente mi è capitato di imbattermi in una collega famosa per presentare sempre relazioni fotocopiate. La fotocopia si può considerare l’antenata del copia-incolla essendo uguale il principio su cui poggia. Ebbene, una volta ha fotocopiato, come sua abitudine, una relazione e l’ha presentata dimenticandosi, però, di cambiare la data, l‘anno scolastico e perfino il nome in calce! È, sicuramente, un comportamento ben oltre qualsiasi limite, ma ci serve a capire che la scuola deve intervenire, e pesantemente, per arrestare una simile deriva. E quando dico la scuola intendo ogni persona coinvolta nel delicato, faticoso, ma tanto gratificante processo di insegnamento-apprendimento, qualunque sia la sua funzione.
Al fine di evitare qualsivoglia equivoco, questa non vuole essere, e non è, un’invettiva contro la tecnologia informatica. Semplicemente vuole essere una chiara e ferma presa di posizione contro il suo uso distorto o, comunque, non strumentale ad un apprendimento efficace.
Come afferma il già citato professore Carlo Giovannella, anche la politica, però, deve fare il suo per promuovere la cultura del progetto.
Ben mi ricordo che pochi decenni addietro alle scuole si chiedeva di presentare progetti con varie finalità. Le scuole si affaccendavano e si attivavano presentando progetti per milioni di lire e lo Stato, puntualmente, quando li valutava positivamente, finanziava solo qualche centinaia di migliaia di lire e la cosa finiva lì. Non c’era un controllo, se non formale, sull’adeguatezza delle spese sostenute né, men che meno, sui risultati ottenuti, sia in termini di didattica che di apprendimenti.
Dopo arrivò la moda del PC. Molte scuole ebbero un numero variabile di personal computer per la didattica ma non c’era nessuno in grado di utilizzarli. Oggi vanno di moda, dopo i laboratori multimediali e le LIM, le stampanti 3D.
A livello nazionale vengono impiegate risorse cospicue. Sarebbe opportuno, però, che a fronte della positiva valutazione di un progetto e del relativo finanziamento, si richiedesse la necessaria rendicontazione, sia economica sia didattico-formativa. In caso contrario, le risorse economiche vengano allocate in ambiti diversi, vengano rese disponibili pe altri fini più efficaci e dai risultati più tangibili.