
La (mancata) felicità dei millennials
Un nuovo disagio colpisce i millennials: la cherofobia, cioè la paura di essere felici. Con i termini generazione Y, millennial generation, generation next o net generation si indica la generazione che, nel mondo occidentale o primo mondo, ha seguito la generazione X[1]. Coloro che vi fanno parte – detti millennials o echo boomers – sono nati fra i primi anni ottanta e la fine degli anni novanta.
La cherofobia è dovuta ad uno strano senso di inadeguatezza. Si tratta di un disturbo non ancora codificato. Infatti, al momento, non è ancora presente nel manuale diagnostico e statistico DSM5, che è il sistema nosografico di riferimento per i disturbi psichici e psicopatologici più utilizzato al mondo[2].
La causa di tale disturbo, secondo i ricercatori, starebbe nel senso di inadeguatezza, perché non sempre si sentono all’altezza delle vetrine social e della perfezione richiesta in tutto (Maria Sorbi – Il Giornale del 13/12/2018).
I millennials costituiscono quella che è stata definita, anche, la generazione dell’apparire perché i suoi componenti devono essere sempre presenti sui social, dove postano soprattutto foto e video. E proprio questa sarebbe la causa della cherofobia. Sulle foto, infatti, devono sempre presentarsi belli e perfetti. In realtà, non si tratta della paura di essere felici, ma di non esserlo. Secondo gli esperti questa fobia è una forma di ansia, da non confondere con l’anedofobia, l’incapacità di provare piacere. Il cherofobico, semplicemente, evita le situazioni che possono creare piacere perché ha paura che lo stato di piacere duri poco e poi potrebbe ricadere in una situazione completamente opposta. Si tratta di una forma di controllo delle emozioni per evitare delusioni.
Cosa c’entra la scuola in tutto questo? Le cherofobia, in ultima analisi, è una forma di ansia da prestazione che si ricollega ad una carente autostima. Non voglio certo cadere nel luogo comune di accollare alla scuola un ruolo che non le compete e che non può mantenere: quello di guarire la società da tutti i suoi mali. D’altro canto la scuola di oggi deve tendere al pieno sviluppo della persona umana, come recita la nostra Carta Costituzionale. Ne consegue che lavorare su una sana autostima ricada certamente nei compiti e nelle finalità dell’istituzione scolastica. Ritorna l’invito a rendere l’alunno protagonista del suo percorso educativo e didattico e ad enfatizzare i suoi successi piuttosto che limitarsi a stigmatizzare i suoi errori. Questi ultimi devono essere utilizzati per correggere e far riflettere non solamente per punire. È un lavoro che richiede un grande dispendio di energie fisiche e mentali ma che è in grado di dare grandi soddisfazioni, aumentando la gratificazione e la motivazione di una classe di lavoratori che, spesso, viene mal vista, e qualche volta anche sbeffeggiata, dalla società e dalla politica.
[1] Generazione X è una locuzione diffusa nel mondo occidentale per descrivere la generazione di coloro che, approssimativamente, sono nati tra il 1960 e il 1980. Fa seguito alla generazione del baby boom.
[2] Secondo la recente normativa anche il PEI si deve adeguare a tale classificazione.