L’argine

L’argine

16 Gennaio 2019 0 Di giuseppe perpiglia

Stiamo assistendo ad un imbarbarimento del linguaggio e dei comportamenti, semplicemente impensabile fino a qualche anno fa.
Tale imbarbarimento lo ritroviamo, ad esempio, nella politica. Infatti, basta ascoltare un qualunque politico, o forse sarebbe meglio dire politicante, visto il basso livello dell’attuale classe politica, per rendersi conto della differenza di stile e di contenuti rispetto a quanto ci si aspetterebbe da un vero politico.
Nella scuola, poi, si assiste ad un vero e proprio gioco al massacro dovuto al circolo vizioso innescato dalla mancata legittimazione sociale, da una considerazione non adeguata e da un trattamento, non solo economico, molto discutibile, tra i peggiori in Europa. La conseguenza è la demotivazione del corpo docente, sempre più anziano e sempre più femminilizzato. Vi chiedo di non fraintendermi. Non sto buttando la croce addosso, lungi da me l’idea, ad una presunta colpevolezza della componente femminile, ma sono convinto che un maggiore equilibrio tra i due sessi, all’interno della classe docente, non potrebbe che fare bene al sistema scolastico.
La scuola, ormai, viene vista dalla famiglia, come la controparte a causa della, speriamo non definitiva, rottura del necessario ed ineludibile patto educativo tra queste due primarie agenzie educative. Non sono pochi, infatti, i casi di docenti ed insegnanti che maltrattano, verbalmente e fisicamente, i bambini o i ragazzi a loro affidati. Non meno numerosi sono poi gli episodi di vera e propria violenza perpetrati a danno di docenti che hanno osato dare un giudizio reale su quanto rilevato nel normale rapporto docente-discente.
Stessi atteggiamenti improntati ad una violenza fisica, che disonora tutto il genere umano, si ritrovano, ad esempio, nella sanità. Così come sempre più estremizzate e radicalizzate su presunte questioni di principio sono le manifestazioni sociali. Si pensi ai no TAV ed ai no vax. Ci siamo creati un sistema basato sulla mancanza di sicurezza in quanto il diritto non viene riconosciuto, spesso nemmeno da coloro che ne sarebbero i beneficiari, infatti accettano l’andazzo basato sulla raccomandazione e sulle amicizie personali per ottenere quanto spetterebbe loro per diritto.
Cambiare tale dinamica disgregatrice di quella che dovrebbe essere la normale coesione sociale, spetta alla politica, in prima istanza. Ma, parafrasando Albert Einstein, non si può risolvere il problema utilizzando gli stessi metodi che lo hanno prodotto. Rimane la scuola.
Anche la scuola ha la sua parte di responsabilità e di questo ne deve essere consapevole. Ogni istituzione scolastica si deve dare uno scossone e risorgere dalle sue ceneri, deve riappropriarsi pienamente del suo ruolo di forza trainante per il miglioramento della società e far sentire forte e vibrante la sua voce. Questo comporta una scelta simile da parte del corpo docente, di ogni docente. Riappropriarsi del proprio ruolo, andando contro corrente rispetto alla società. Deve ri-proporre con maggiore efficacia e con maggiore determinazione tanto l’educazione alla convivenza civile, quanto l’educazione all’affettività, intesa come rispetto dell’altro e dell’alterità. Oggi, la tendenza pedagogica volge verso la cittadinanza globale, perché i confini nazionali, che piaccia o meno, stanno diventando sempre più evanescenti, causa ed effetto della tanto declamata globalizzazione. Se i docenti si ostinano a piegare la testa sul libro ed assegnare uno o due capitoli per la prossima volta, perché è prevista l’interrogazione, e non propongono, invece, discussioni e riflessioni sullo stare insieme, sul senso della vita, su cosa voglia dire stare insieme, ben difficilmente le cose cambieranno. Non cambierà neanche il loro senso di frustrazione e di impotenza, presunta, verso situazioni che sembrano inamovibili ed inattaccabili. I risultati positivi, ovviamente, avranno bisogno di tempi lunghi. Un effetto molto più immediato, però, è quello della maggiore gratificazione originata dal proprio impegno con conseguente aumento dell’entusiasmo e della voglia di fare. E non è poco!
Ne risentirebbe favorevolmente, anche, quel patto educativo he sembra essersi ormai dissolto. La famiglia, infatti, vedendo l’impatto del nuovo atteggiamento sui propri figli, sarebbe portata naturalmente a cambiare atteggiamento a sua volta, innescando, in tal modo, un circolo virtuoso che allargherebbe i suoi positivi effetti sul territorio e sulla società.
Non è una favola in cui tutti vissero felici e contenti. È solo un’ipotesi molto realistica che per avverarsi, però, ha bisogno di un cambio di atteggiamento che nasca dalla convinzione di essere nel giusto, dalla consapevolezza di operare in modo efficace nella direzione del miglioramento e della maturazione personale, degli alunni, del sistema e di tutta la società.