
Insegnare con fantasia
È possibile fare della scuola un luogo piacevole, coinvolgente ed interessante? La risposta è chiaramente affermativa anche se raggiungere un tale obiettivo è impresa ardua. Ci vuole passione, professionalità, amore per il proprio lavoro e, soprattutto, idee molto chiare. Su La Repubblica del 13 dicembre 2018 ho letto l’articolo, “Il prof dell’allegria: insegno le scienze facendo lo strudel”, a firma di Caterina Pasolini. Il prof dello strudel è Giuseppe Paschetto, l’unico italiano presente tra i 50 candidati al titolo di migliore docente del mondo. Le attività che propone ai suoi alunni sono molto diversificate, però vanno tutte nella direzione dei compiti di realtà. La sua didattica si basa sul dare risposte reali a problemi reali. Il professore Paschetto ha puntato tutto sul gruppo, perché insieme si impara meglio e tutti vengono coinvolti. Fa lavorare i suoi allievi senza libri di testo. Ad esempio, racconta che ha fatto loro preparare lo strudel, il tipico dolce alle mele. E questa è stata l’occasione per parlare di matematica, utilizzo delle unità di misura e del sistema metrico per pesare le quantità, le proporzioni sono servite per calcolare la quantità degli ingredienti al numero di invitati. Ma si è parlato anche di scienze discutendo sulla tipologia dei nutrienti e sul contenuto calorico dei vari alimenti.
L’obiettivo che il nostro docente che si è proposto tanti anni fa è stato quello, teoricamente condiviso dal nostro sistema di istruzione nazionale, di far uscire dalla scuola persone migliori di quelle che vi sono entrate.
Per raggiungere tale scopo, bisogna mettere in atto strategie appropriate affinché i ragazzi siano messi in grado di vivere nel mondo da protagonisti ed acquisiscano un corretto senso del sociale, declinato nei valori di condivisione, interesse e sapere.
La scuola non deve essere intesa come una gara dove bisogna per forza arrivare primi. Non deve essere intesa neanche come un’azienda il cui bilancio deve essere necessariamente in attivo e, quindi, perseguire risparmi con tagli più o meno lineari. La scuola deve essere, invece, un luogo dove al primo posto deve essere messo il benessere del soggetto in apprendimento. Il metodo didattico migliore è, senza dubbio, quello di coinvolgere emotivamente gli alunni, mettendo in secondo piano la componente razionale e quella cognitiva. Non nascondiamoci dietro la carenza di risorse e di strumenti, per quanto sia un problema reale e sentito. Quando si ha passione e buone idee, molte attività possono essere fatte a costo zero. Quella del docente, lo si dice da sempre, deve essere prima di tutto una passione-missione. Se la declassiamo a lavoro o, peggio, a mestiere abbiamo perso in partenza. Dobbiamo avere la forza e la determinazione di combattere, anzi di prevenire, il senso di impotenza che, a volte, ci assale quando ci rapportiamo con i colleghi o con la dirigenza o, peggio ancora, con le famiglie. Non è vero che gli alunni di oggi siano peggiori o più problematici di quelli delle generazioni precedenti. Oggi, probabilmente, sono solo più esigenti. È abbastanza facile capire una tale affermazione. Basti pensare, infatti, che i nostri ragazzi non giocano più con le figurine o con le bambole, ma hanno nelle mani i-phone, i-pad e consolle varie, tutti strumenti che per noi adulti sono corpi estranei. Non è certo il ragazzo che deve adeguarsi al mondo adulto ma è l’adulto che deve chinarsi, ponendosi a livello dei ragazzi per aiutarli a percorrere la strada che porta all’età adulta.