Una scuola giusta

Una scuola giusta

8 Dicembre 2018 0 Di giuseppe perpiglia

Durante l’espletamento delle attività didattiche e formative, ogni docente cerca di essere giusto, cerca di trattare i suoi alunni con equità, impronta le sue azioni sull’eguaglianza. Cerca di lavorare con giustizia. Ma cosa intendiamo per giustizia? Si può dare una definizione univoca di questo concetto? Sono queste le domande a cui carcererò di rispondere in questo articolo. Se andiamo a leggere la definizione di giustizia sul dizionario Treccani on line, troviamo: “Virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare gli altrui diritti attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge”. Per la Chiesa, è una virtù cardinale per la quale si riconosce e si opera il bene.

Quando andiamo ad applicare questo concetto, dobbiamo distinguere due interpretazioni della giustizia, due accezioni. Una è quella afferente all’equità, l’altra riguarda invece l’imparzialità. Quest’ultima si riferisce all’uguaglianza formale che esclude discriminazioni e pregiudizi. L’equità, invece, si configura come un’uguaglianza sostanziale che richiede di considerare anche la diversità delle situazioni di partenza. Prevede e pretende trattamenti differenziati per realizzare una vera parità dei punti di partenza. Vengono a mente due riferimenti. Don Lorenzo Milani ebbe a dire che “non esiste cosa più ingiusta del fare parti uguali tra diversi”. L’altro riferimento lo troviamo nella Costituzione quando, all’art. 3, afferma: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l‘uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”. L’articolo citato collega la giustizia ad un altro concetto forte, quello della libertà. Ed in effetti la giustizia si trova in equilibrio tra libertà ed uguaglianza.

Esiste, quindi, una forma di giustizia distributiva ed una forma di giustizia che possiamo definire perequativa o compensativa. La prima ha più una valenza formale, in quanto tende a dare a tutti in modo uniforme. La giustizia compensativa, invece, tende a mettere tutti nelle stesse condizioni iniziali, per cui è più in linea con il dettato costituzionale. In altri termini, possiamo dire che la giustizia distributiva agisce a valle, mentre la giustizia compensativa a agisce a monte. Ancora, la giustizia compensativa è un atto molto più sostanziale, mentre quella distributiva si basa su una regola uguale per tutti, applicata in modo acritico.

La giustizia, per certi versi, è assimilabile alla musica, infatti entrambe tendono all’armonia, dei suoni, nel caso della musica, dei rapporti sociali nel caso della giustizia. L’armonia della giustizia si esplica in tre forme: geometria, ordine, equilibrio, distinzione che qui non è il caso di approfondire.

Esistono, però, altre forme di armonia che si muovono a partire dall’etica incentrata sulla cura, ovvero sulla relazione e sul dono. In questa prospettiva, la giustizia può essere considerata una conseguenza della generosità. Infatti, ritornando al concetto di armonia, quando si condivide qualche cosa di proprio, viene a crearsi un’armonia, non nella logica della misura, bensì nella logica della relazione. L’armonia, infatti, va intesa, non come puro equilibrio di beni posseduti, ma come il sorgere di una relazione positiva. Essa non necessariamente nasce dall’avere parti uguali ma dalla condivisione, attività che permette di vivere rapporti positivi con gli altri. La logica, quanto semplice, conseguenza è che c’è una profonda commistione tra giustizia e misericordia.

Quando il docente entra in classe deve avere ben chiaro il concetto di giustizia nelle sue varie accezioni e nelle relative conseguenze. Deve farsi carico delle ineguaglianze presenti nel gruppo classe in modo da dare ad ognuno secondo i propri bisogni. Deve adattare e modulare la sua azione in modo da eliminare gli ostacoli che impediscono l’effettiva ed efficace partecipazione alla vita scolastica ed il raggiungimento del massimo livello individuale. Non basta limitarsi a garantire a tutti lo stesso trattamento in quanto sarebbe fuorviante, perché non tutti partono dallo stesso livello, sia esso sociale, economico o culturale. E non tutti hanno le stesse esigenze. Altrimenti non si parlerebbe di Bisogni Educativi Speciali, solo per citare un esempio molto palese. La “giustizia” del docente deve mirare a mettere tutti gli alunni nelle condizioni di rendere al meglio delle rispettive potenzialità.

Una simile giustizia creerebbe quell’armonia sociale che avrebbe una grande e positiva ricaduta sull’atmosfera relazionale della classe, spuntando e smussando molte di quelle situazioni spinose che, lasciate crescere, tenderebbero ad incancrenirsi portando, al limite, a quegli episodi conflittuali, veri e propri contrasti, di cui, con sempre maggior frequenza, leggiamo sui giornali. La giustizia così intesa, cioè la giustizia della misericordia, implica, dal punto di vista del docente, il doversi mettere in gioco, l’interrogarsi sul proprio ruolo, il che porta ad una maggiore consapevolezza del ruolo e della funzione del docente e, in definitiva, ad una maggiore gratificazione personale e professionale, perché darebbe un senso di pienezza alla propria vita.