Democrazia e corpi intermedi – 2

Democrazia e corpi intermedi – 2

30 Novembre 2018 0 Di giuseppe perpiglia

In questi anni stiamo assistendo ad un progressivo imbarbarimento e scadimento della democrazia rappresentativa. Infatti si sta tentando di inquinarla, sempre più massivamente, con una fronda plebiscitaria sfruttando la paura e l’insicurezza della situazione contingente. I populisti ed i sovranisti hanno sempre pronti gli spauracchi dell’immigrazione clandestina, della crisi economica e del ruolo eccessivamente egemonico, a loro parere, dell’Unione Europea. Le regole comuni di quest’ultima vengono fatte passare, da alcuni politici, come un attacco alla sovranità dei singoli stati. Tale situazione non interessa soltanto l’Italia. Si pensi, infatti, alla strenua difesa dell’economia statunitense da parte di Trump ed all’introduzione dei dazi verso l’importazione di merci da alcuni Paesi o alla chiusura delle frontiere messa in atto da alcuni Paesi dell’Unione Europea contro la ridistribuzione dei migranti.

Quella che bisognerebbe perseguire, invece, è una democrazia critica, cioè una democrazia in cui il voto sia il risultato di un’adeguata riflessione, sia essa individuale o collettiva. La riflessione critica si esplica negli enti intermedi, il cui fine ultimo, come previsto dalla nostra Costituzione, è il bene comune e lo sviluppo della persona.

Tra i corpi intermedi abbiamo inserito anche le organizzazioni afferenti al Terzo Settore che, per quanto siano presenti ed attive dal 1200, sono state definite dalla norma solo nel 2017. Sempre nella norma viene riconosciuto al Terzo Settore il diritto ad essere coinvolto nella programmazione delle politiche sociali. La programmazione si esplica mettendo in pratica ed attivando quattro stadi, tutti importanti:

  1. individuazione dei bisogni
  2. proposizione di una o più soluzioni
  3. individuazione delle modalità di applicazione delle soluzioni selezionate
  4. monitoraggio continuo dei risultati finale e parziali.

È un riconoscimento che rende onore al ruolo svolto dal Terzo Settore ed all’affidabilità dimostrata in tutta la sua lunga esistenza.

Per quanto riguarda l’individuazione dei bisogni chi meglio dei corpi intermedi del Terzo Settore – in primis, il Forum, che ne esercita la rappresentanza nei confronti degli enti pubblici, ed i CSV che costituiscono il luogo privilegiato di aggregazione – possono conoscere le organizzazioni presenti sul territorio e, di conseguenza, il territorio stesso? Ne consegue che hanno contezza, per conoscenza diretta, di cosa chiede e di cosa ha bisogno il territorio e gli ETS. Ancora, gli ETS, insieme al Forum ed ai CSV, avendo piena consapevolezza del territorio e delle sue risorse, sono in grado, come ampiamente dimostrato nel corso del tempo, di proporre soluzioni adeguate, sia sul piano locale sia su un livello territoriale più esteso. L’esperienza insegna che si tratta spesso di soluzioni innovative capaci di traghettare efficacemente l’oggi verso il domani. Il confronto continuo con risorse economiche che definire esigue è un pio eufemismo, fa sì che gli ETS siano in grado di proporre attività operative efficaci ed efficienti, anche perché essi sono scevri, o comunque molto più liberi, dai legacci, normativi o meno, della politica e da tutte le sovrastrutture, lecite o meno, che essa comporta.

Infine, ma non certo ultimo, l’essere a stretto contatto con il territorio permette un monitoraggio del percorso in tempo reale e capace di attivare immediatamente i necessari aggiustamenti di percorso per perseguire pienamente ed al meglio gli obiettivi che ci si era prefissi.

Una maggiore sinergia tra politica e, nella fattispecie, ETS è una strada facilmente perseguibile. Basta, infatti, solo averne voglia. Essa permette di registrare un miglioramento reale della società nella sua interezza, sia sul piano etico, sia su quello morale, sia ancora sul fronte di un corretto e razionale, oltre che efficace, utilizzo delle risorse.

La validità del Terzo Settore è fuori discussione. Dal canto suo, però, il Terzo Settore si deve ammodernare. Infatti, se il welfare continua a dare risposte ai bisogni così come lo ha fatto fino a ieri, taglia di netto il futuro dei giovani, perché i problemi di oggi non sono i problemi di ieri e le risposte di oggi devono essere adeguate ai problemi di oggi, non ripercorrere quelle di ieri.

Il Terzo Settore è una strutturazione sociale che è nata dalla libera iniziativa dei cittadini che hanno saputo trovare soluzioni innovative a problemi reali. Il volontariato deve continuare nella ricerca e nell’attivazione di innovazione sociale, con la speranza che l’architettura sociale trovi un valido aiuto ed un appoggio nell’architettura istituzionale. Per perseguire l’innovazione sociale è importante la formazione, diventata sempre più fattore dirimente.

Il volontariato è un’attività che, in fondo, si basa su un sogno. Dobbiamo stare attenti e vegliare per non farci portare via i sogni della notte dalla luce del giorno. I vari social, tanto frequentati dai giovani ed anche dai meno giovani, rivestono un ruolo importante nel costruire cultura. Il capitale sociale, invece, nasce e si fortifica grazie alla comunicazione ed alle relazioni che le persone riescono ad intessere sui territori.

La comunicazione si può intendere secondo due distinte direttrici:

  1. il marketing promozionale, configurandosi, quindi, come un’attività manipolativa,
  2. la strutturazione delle relazioni sociali.

La prima direttrice è figlia di una società verticale e verticistica in cui sono i vertici a stabilire gli obiettivi. La direttrice sociale, invece, richiede ed è frutto di una società con una chiara connotazione orizzontale. Il Terzo Settore per lungo tempo ha trascurato la comunicazione. Ma fare comunicazione vuol dire fare cultura e se il Terzo Settore non fa cultura e come se non esistesse.

In base ad evidenze alla portata di tutti, è come se, per lungo tempo, Terzo Settore e comunicazione avessero abitato mondi diversi e lontani. La causa prima è da ricercarsi nella focalizzazione esclusiva e totalizzante del Terzo Settore sui servizi, sulle risposte da dare alle necessità della comunità. Questo ha fatto sì, però, che per i mutati canoni comunicativi, il mondo del Terzo Settore andasse da tutt’altra parte rispetto alla comunità. Diventa, quindi, indispensabile prestare la giusta attenzione alla comunicazione e non solo a quella finalizzata alla pur necessaria visibilità.

Infatti, molte associazioni e molte cooperative sociali sono presenti sui social, ma solo per raccontare e raccontarsi le attività svolte. Quando si comunica, invece, bisognerebbe costruire, intessere e promuovere relazioni.

Malgrado tutto ciò, stiamo assistendo ad una politica che tende a depotenziare il ruolo dei corpi intermedi. Si pensi, ad esempio, alla linea di intervento che porta ad una riduzione del numero dei parlamentari, oppure alla scomparsa, o almeno all’evanescenza, delle provincie. Queste scelte vanno nella direzione dell’affermazione di una democrazia plebiscitaria, affidata ad una piattaforma e spacciata per democrazia diretta.

I politici di oggi tendono sempre di più ad interfacciarsi direttamente con gli elettori, saltando a piè pari i corpi intermedi. Già nel 1910 James Bryce parlava di governo dell’opinione pubblica.

Oggi la politica, come si può facilmente notare guardando i vari programmi televisivi, sta andando spedita nella direzione dell’iper-rappresentanza, grazie alla:

  • legittimazione del leaderismo autoritario, che può assumere anche la forma di populismo di governo.
  • enfasi sulla partecipazione. Questa si evolve, di solito, nell’appello plebiscitario per la legittimazione del leader – il supremo rappresentante del popolo – contro gli altri, il non-popolo.

Stiamo assistendo ad una deriva verso una depoliticizzazione. Infatti, si sta riducendo la politica ad una dimensione di semplice policy, cioè ad una politica basata sul pragmatismo e sul contingente, lasciando da parte la politica del lungo periodo. Questa politica pragmatica marginalizza il conflitto ed il confronto ideologico, così come la politica intesa quale comunità di progetto.

Alla depoliticizzazione si sovrappone l’antipolitica, favorendo il disimpegno pubblico. Tale atteggiamento si manifesta con una diminuzione della partecipazione alle elezioni ed alla vita dei partiti, ma anche con l’acquiescenza ai paradigmi dominanti di ordine pubblico. I leader populisti ritengono di sostituire la vecchia politica, che reputano esausta e quindi superata, con competenze di governo più “autentiche”.  Queste ultime, però, in molti casi si riducono ad azioni minime dettate da un insieme dei principi, di regole e di procedure che riguardano la gestione e il governo di una società, di un’istituzione, di un fenomeno collettivo. In tal modo la politica di largo respiro viene sostituita da una gestione minimale, senza sbocco verso il futuro.

Oggi si parla di post-politica, intendendo con tale termine la riduzione del politico ad un fatto meramente economico. La post-politica, quindi, si configura come uno specifico spazio di depoliticizzazione. Possiamo, anche, affermare, per quanto appena detto, che si sta passando dal governo alla governance. Mentre il governo prevede e richiede una vision, quindi un insieme valoriale su cui poggiare la propria attività, la governance è solo un insieme di regole e procedure. Un’attività di governo è proiettata verso il futuro, mentre la governance è ancorata al contingente.

Il Terzo Settore, come tutti gli altri enti intermedi ed in particolare la scuola, devono essere consapevoli del suo ruolo di testimone della democrazia. Nella situazione che si è venuta a creare, diventa necessario perseguire ed acquisire l’autorevolezza di una voce plurale ma unitaria.

Prima parte

Documento completo