Riscopriamo l’altruismo

Riscopriamo l’altruismo

25 Novembre 2018 0 Di giuseppe perpiglia

La società dell’informazione e della conoscenza, causa ed effetto della dilagante tecnologia informatica, ha cambiato radicalmente il modo di approcciarsi con le notizie. Il tempo dedicato alla riflessione è stato sempre più compresso ed ora è appannaggio soltanto di una sparuta cerchia di persone ostinate nel puntare sulla razionalità e sul buon senso. Ma la riflessione richiede tempi distesi in netta antitesi, quindi, con la società attuale che fa della velocità il suo totem, idolatrandola oltre ogni limite.

Un particolare effetto della comunicazione in grado di rivolgersi ad un gran numero di persone contemporaneamente è quello dell’assolutizzazione dei fenomeni. È una trappola in cui è caduto anche il grande Umberto Eco quando ebbe a dire che internet ha dato diritto di parola anche agli imbecilli. Sono, in parte, d’accordo con la sua affermazione. Ma io vedo questa possibilità con una nota di ottimismo. I social sono solo degli strumenti il cui uso dipende, sì, da essi ma soprattutto da chi li usa. Gli effetti, infine, dipendono dal senso critico dell’utente finale. Quanti messaggi cestiniamo senza averli neanche aperti e men che meno letti? D’altro canto, anche un imbecille, per usare il termine di Umberto Eco, può dire qualche cosa che serva da spunto di riflessione. Il che la reputo una cosa positiva.

Dicevo dell’effetto dell’assolutizzazione, cioè di quel fenomeno che porta a credere, ed a far credere, che quel singolo episodio possa pienamente svelare un’epoca così complessa. È la tendenza a generalizzare il vero frutto di questa comunicazione veloce. Qualsiasi episodio è privo di valori universali, ma è sempre relativo alla rappresentazione che abbiamo del mondo in quel momento e del particolare momento della nostra vita. Il “senso comune” è un concetto dinamico, che cambia con il tempo. Esso è frutto della società in cui ci si trova a vivere. È proprio il cambiamento del senso comune che si verifica nel tempo che rende difficile la comunicazione tra generazioni, anche se anagraficamente molto vicine. La ragione sta ne fatto che la comunicazione sarà basata su paradigmi e su valutazioni diversi.

Questa comunicazione veloce si effettua quasi sempre per slogan, appannaggio, per quanto detto, di persone poco aduse alla riflessione, ed ha portato all’egemonizzazione di una cultura che tende a combattere tutti quei valori positivi che, molto faticosamente, si erano affermati nella seconda metà del secolo scorso. La crisi economica di inizio millennio ha dato il suo indubbio contributo ingenerando sentimenti di rabbia, delusione, intolleranza, ancore, disfattismo, cinismo. Ma ancora più interessante sarebbe indagare sulle cause, più o meno nascoste o palesi.

Questi sentimenti negativi stanno, ovviamente, erodendo le virtù. Oggi, infatti, una significativa percentuale di opinione pubblica si vanta di essere contro l’accoglienza, la comprensione, la solidarietà. Il sentimento che sta alla base di tutta questa situazione è senza dubbio l’egoismo. Questa la situazione. Ma allora che si può fare? Le persone di buona volontà, le persone che vogliono dare un senso escatologico e trascendente alla propria vita, le persone che vogliono proiettarsi in un futuro migliore devono essere più coerenti e più determinate nel fare quello che credono giusto. Non è certo facile, perché essere egoista è molto più facile, viene quasi spontaneo. L’egoismo, la difesa del sé, è insito nella natura umana e negli esseri viventi in generale. Essere altruisti, volere e fare il bene dell’altro è, invece, una conquista culturale e comportamentale che costa fatica. La differenza sta nel vuoto che lascia l’egoismo contrapposto alla piacevole sensazione di gratificazione che dà una vita che abbia un senso, che abbia un fine alto a cui tendere.

Bisogna, però, stare attenti a non cadere nella trappola dell’apparenza, ma scendere al fondo della sostanza. In questo può aiutare, e molto, il volontariato organizzato e strutturato. È facile lavarsi le mani facendo una telefonata “solidale” ad uno dei numerosi recapiti telefonici proposti dai media. È Altrettando facile aderire alle raccolte fondi con cadenza mensile. Tutto il rispetto per queste attività importanti e benemerite, sempre necessarie. Ma a livello individuale non basta, non possiamo lavarci la coscienza con qualche euro, quasi si trattasse di una lavanderia a gettone. L’impegno personale deve essere quotidiano, costante e coinvolgente. Deve incidere su tutte le relazioni che individuano e caratterizzano una persona. Bisogna avere questo coraggio e questo coraggio lo dobbiamo promuovere tra la gente, sui posti di lavoro ed in tutte le occasioni di ritrovo in modo che l’altruismo e la solidarietà divengano valori condivisi ed entrino a far parte del bagaglio culturale acquisito da spendere, poi, per tutto l’arco della vita.