Democrazia e corpi intermedi

Democrazia e corpi intermedi

18 Novembre 2018 0 Di giuseppe perpiglia

È la prima volta che mi cimento nella stesura di un articolo “politico”, ma forse è più giusto collocare tale lavoro nel campo della socio-politica. Spero, comunque, che mi perdonerete eventuali inesattezze ed ovvietà. Il presente scritto cerca solo di proporre qualche riflessione sulla deriva che i governanti stanno imprimendo al nostro Paese, seppure sulla scia di un’analoga deriva presente a livello mondiale.

Iniziamo a parlare un po’ di democrazia per inquadrare il problema e tracciare un frame work per muoverci tutti sullo stesso terreno. Il termine, per essere troppo abusato, sta perdendo il suo significato originario. Democrazia è una parola che riconosce un etimo greco, infatti deriva da demokratia, composta da dêmos (=popolo) e dal tema kratéõ (=comando). Il suo significato è, pertanto, governo del popolo, a cui spetta, quindi, la sovranità. Per sovranità si intende la somma dei poteri dello Stato, cioè il potere legislativo, il potere esecutivo e quello giudiziario. La ripartizione di tali poteri determina la forma di governo. L’Italia è un paese democratico di tipo parlamentare.

Nel corso dei secoli la democrazia ha assunto forme diverse. Nella democrazia deliberativa o partecipativa, la volontà del popolo non viene espressa tramite l’elezione di rappresentanti, bensì attraverso un processo deliberativo, appunto, cioè attraverso una discussione libera aperta a tutti.

Piuttosto simile alla precedente è la democrazia diretta, in cui il popolo esercita direttamente, come avveniva nell’agorà greca, la sua sovranità. Basta ricordare la domanda del console romano Ponzio Pilato: «Chi volete libero, Gesù o Barabba?».

Man mano che la società si è venuta sempre più strutturando ed ha acquisito una organizzazione complessa si è affermata la democrazia indiretta o rappresentativa. In questo caso il popolo esercita la sovranità per mezzo di rappresentanti eletti al suo interno. Come già detto, l’Italia è una repubblica parlamentare, quindi a democrazia indiretta che utilizza come unici strumenti di democrazia diretta il referendum, l’iniziativa popolare e la petizione popolare. Nel nostro Paese il suffragio universale è stato introdotto solo nel 1946, quando è stato permesso anche alle donne di esercitare il diritto di voto, prima appannaggio esclusivo degli uomini.

La democrazia indiretta ha bisogno di corpi intermedi che raccordino il popolo, promuovendone le istanze e le necessità, con chi esercita effettivamente i poteri di governo. Il vantaggio della democrazia indiretta sta nella discussione, ma ancor più nella riflessione, a cui è sottoposta ogni proposta politica e nella successiva sintesi di tutti gli apporti scaturiti dalla discussione stessa. Sono enti intermedi, ad esempio, i comuni, le provincie, le regioni, ma anche istituzioni quali le organizzazioni del Terzo Settore o i partiti politici.

La nostra Costituzione, per quanto abbia festeggiato i 70 anni, è ancora giovane ed attuale. Infatti, è perfettamente in grado di dare risposte adeguate alle tante domande dell’oggi. Essa guarda prima di tutto alla persona ed al suo sviluppo. In secondo luogo afferma che la politica non si deve determinare soltanto con i partiti e con le elezioni, ma deve essere determinata ogni giorno dai comportamenti e dalla libera iniziativa dei cittadini. Per ultimo, ma solo per esigenze di elencazione, riconosce agli enti intermedi il ruolo che hanno e che devono continuare a svolgere, un ruolo che riveste primaria importanza per la politica, per la società e per il welfare. Non sono tre piani disgiunti ma strettamente interconnessi. L’importanza dei corpi intermedi risiede proprio nell’affermazione della centralità della persona in quanto tale e non come semplice individuo. La differenza tra individuo e persona risiede nel fatto che, mentre l’individuo è solo, la persona risulta essere luogo di relazioni. Rendere effettivo il passaggio da individuo a persona è la caratteristica più alta e più precipua dei corpi intermedi.

I corpi intermedi svolgono una mansione funzionalista, infatti, essi permettono:

  • una semplificazione delle esigenze,
  • un’aggregazione delle preferenze,
  • una socializzazione della politica.

Essi, nella nostra Carta costituzionale, ma anche nel quotidiano, rappresentano un’istituzione di primaria importanza nella strutturazione sociale. Il cittadino non ha la possibilità di far sentire la propria voce, a volte nemmeno di far valere i propri diritti, perché si ritrova ad essere considerato individuo: solo! Nei corpi intermedi, il cittadino, come detto, ridiventa persona, stabilisce relazioni, riacquista vigore e si riappropria pienamente del suo ruolo di soggetto protagonista. Nella discussione che si instaura come logica conseguenza della rete di relazioni, le convinzioni di ognuno vengono attenuate o prendono corpo a seconda della condivisione e dell’aggregazione di consensi sui singoli apporti personali. La visione del mondo o di quello specifico problema si struttura e si delinea acquisendo contorni più netti. La politica viene, in tal modo, condivisa e socializzata, per entrare a far parte del background culturale della comunità, il che rappresenta un’importante spinta propulsiva per il cambiamento ed il miglioramento della società stessa.

L’essenza su cui poggiano i corpi intermedi è la rappresentanza, ma essa, ai nostri giorni, sta vivendo una grave crisi. Ne consegue, quindi, che nelle società occidentali è in atto un vero e proprio processo di depoliticizzazione. Parallelamente si stanno affermando nuove forme di partecipazione più o meno democratiche che si sostanziano primariamente, anche nell’immaginario collettivo, nelle piattaforme on line. La democrazia comunemente intesa poggiava sul metodo elettivo, sulla partecipazione e sulla rappresentanza. Quella che stiamo vivendo, ci si chiede, è una crisi della democrazia o una crisi della rappresentanza?

La rappresentanza è intesa come strumento di legittimazione del potere (Simon Tormey, 2015) e si basa sul metodo elettivo come sistema di potere delle oligarchie economiche, legittimate dal voto popolare (David van Reybrouch, 2016).

Questo processo ha portato alla crisi dei partiti classici ed al declino delle fratture su cui i partiti tradizionali basavano la loro legittimazione e la loro identità collettiva. I nuovi strumenti tecnologici hanno stravolto l’architettura della democrazia basata sui partiti. Infatti, fino a pochissimi decenni orsono, c’era tutta una filiera che metteva in relazione l’elettorato con i dirigenti. Oggi tale filiera, grazie all’avvento dell’informatica e degli strumenti di comunicazione di massa in tempo reale, viene totalmente bypassata e l’elettorato può attivare una comunicazione diretta con i dirigenti.

Si è affermata la retorica della partecipazione ponendo grande enfasi sulla democrazia diretta. Si tratta di una retorica messa in atto anche dai populismi di destra che usano la democrazia diretta come strumento per rendere più partecipativa la democrazia rappresentativa. In questo clima, i sondaggi vengono utilizzati per monitorare l’opinione pubblica, sfruttando una tecnologia a basso costo.

Negli ultimi tempi, alcuni movimenti, politici e non, sfruttando anche le conquiste tecnologiche basate sull’informatica, hanno puntato sulla democrazia plebiscitaria, coinvolgendo ecumenicamente, almeno in potenza, tutti i cittadini. Infatti, basta creare una piattaforma informatica ed ogni cittadino può esprimere il suo parere o dare il suo voto con un semplice click e monitorare il risultato complessivo in tempo reale.

Nella democrazia partecipata, ed ancor di più nella democrazia plebiscitaria, è molto alto il rischio che i pareri vengano espressi di pancia, cioè sull’onda emotiva del momento. Che i nostri politici prediligano e promuovano il voto di pancia è dimostrato dal registro comunicativo e dai lemmi che utilizzano, anche in contesti ufficiali, sia dagli strumenti di cui si avvalgono: facebook, twitter ed altri social. Quando si legge un post o un tweet, infatti, è facile rispondere d’istinto e rafforzare pseudo-convincimenti, alimentando preconcetti e pregiudizi che minano la coesione sociale creando disgregazione. Ci hanno sempre detto che la scienza, e gli strumenti che essa ci mette a disposizione, sono neutri. Ebbene, è facile dimostrare che tale affermazione è falsa e fuorviante. I nuovi analfabeti, quelli che non utilizzano gli strumenti informatici e non frequentano i social, sono, oggi, tagliati, di fatto, fuori dalla discussione politica. Sono il non-popolo, l’esercito dei senza voce.

Il post, così come il tweet, è caratterizzato dall’estrema sintesi e tale caratteristica non permette certo un’argomentazione esaustiva delle tesi sostenute. Esso permette solo di lanciare degli slogan che, per essere ancora più incisivi, devono portare all’esasperazione il concetto che vogliono veicolare, stimolando maggiormente l’impulsività rispetto alla riflessione. Il giudizio di pancia, appunto.

Nella democrazia rappresentativa, invece, il voto espresso dovrebbe essere di testa, cioè un voto convinto perché ragionato e frutto di un’attenta riflessione e di un profondo convincimento personale. La riflessione personale ed il confronto danno modo di vedere tutti gli aspetti di quel determinato problema o di quella specifica posizione ideologica permettendo al soggetto di giungere ad un convincimento critico. Non è raro incontrare persone che danno giudizi lapidari che, però, non sono in grado di sostenere e di supportare con argomentazioni adeguate. È proprio su questo fronte che agiscono la riflessione, la condivisione e la socializzazione portata avanti e rappresentata dagli enti intermedi: far prendere consapevolezza dei propri convincimenti.

…segue

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