
Pensare a rovescio
La scuola, il volontariato e la politica hanno molto in comune, infatti, tutte e tre queste istituzioni, ognuno con le proprie specificità e dal proprio punto di vista, dovrebbero perseguire la crescita della società e quella personale dell’individuo, senza fare distinzione alcuna. Il principio che sta alla base, il vero e proprio core business, è rappresentato dall’essere inclusivi, senza se e senza ma.
Il volontariato ha aperto la strada. Risale al medioevo la nascita delle misericordie e di organizzazioni simili, basate, però, sul principio del mutuo soccorso. Dopo alcuni secoli si passò alle organizzazioni basate sulla solidarietà generalizzata, rivolta, cioè, anche ai non soci ed alla comunità in generale, basti pensare alla Croce Rossa.
La politica si è fatta aspettare, e non poco, se è vero, come è vero, che in Italia il suffragio universale maschile fu introdotto nell’anno 1918, mentre bisognò aspettare altri 28 anni, nel 1946, perché il suffragio fosse veramente universale, essendo ammesse al voto anche le donne. Il suffragio universale è il principio secondo il quale tutti i cittadini e tutte le cittadine di età superiore ad una certa soglia, in genere maggiorenni, senza restrizioni di alcun tipo a partire da quelle di carattere economico e culturale e altre quali ceto, censo, etnia, grado di istruzione e orientamento sessuale, possono esercitare il diritto di voto e partecipare alle elezioni politiche, amministrative e ad altre consultazioni pubbliche, come i referendum. La nostra Costituzione afferma l’uguaglianza di tutti i cittadini all’art. 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». In questi ultimi tempi ha preso piede la polemica, sicuramente sensata e condivisibile, circa l’opportunità, per alcuni l’esigenza, di eliminare dal testo costituzionale la parola razza perché la sola presenza di tale termine confermerebbe ed avallerebbe la presenza di razze umane diverse. Dobbiamo creare una società per cui ogni cittadino risponda con le parole di Albert Einstein che, alla domanda a quale razza appartenesse, rispose candidamente e semplicemente, alla razza umana.
La scuola ha recepito i principi dell’integrazione e dell’uguaglianza di tutti i cittadini molto dopo. Ancora nella seconda metà del ‘900 esistevano le famigerate classi differenziali, classi ghetto per i ragazzi catalogati come difficili o deficienti. Era proprio questo il termine utilizzato dalla norma, ovviamente nel suo significato semantico di mancante o carente. Chi aveva lo stigma di ragazzo difficile era marchiato a vita. Il primo vero cambio di paradigma si ebbe con l’introduzione della legge 104/1992. Fa pensare che proprio la scuola, cioè l’istituzione deputata e finalizzata per sua insita natura, alla promozione della maturazione umana sia stata l’istituzione che abbia fatto più resistenza alle idee di uguaglianza, di accoglienza e di inclusione. Ed ancora oggi di lavoro da fare ne rimane parecchio.
I principi ispiratori, però, sono una cosa, la realtà è altra.
Infatti, in tutte e tre le istituzioni di cui si sta parlando, sin da subito si è avuta un’inversione di tendenza nel senso che la norma e l’organizzazione sono state poste prima del cittadino e della persona. Lo stesso volontariato, in special quando il suo dimensionamento supera un livello critico, mette prima l’organizzazione e poi l’utente, sacrificandolo e facendone strumento dell’associazione. Lo stesso atteggiamento, ma in modo molto più deciso e marcato, dimostrano la politica e la scuola. È il cittadino che si deve piegare alle necessità della politica, ed è l’alunno che deve, in primis, soddisfare le esigenze dell’organizzazione scolastica. Chi non rispetta le esigenze della politica e della scuola viene messo da parte, non viene considerato, diventa un invisibile.
La scuola, il volontariato e la politica hanno disatteso i loro principi ispiratori in quanto cercano di piegare, rispettivamente, alunni e cittadini alla loro organizzazione ed alle loro necessità, non viceversa. Nel 1956 don Lorenzo Milani scriveva che la scuola era assimilabile ad un ospedale che curava i sani e respingeva i malati. E la situazione perdurò per decenni ancora. Il termine respinto, con tutta la sua valenza semantica, viene usato ancora oggi, il che fa capire quanta strada rimane da fare in questo campo.
Oggi si impone un cambio di paradigma radicale. È sempre più necessario un ritorno alle origini. Bisogna cominciare a pensare a rovescio in tutti i campi, bisogna mettere al centro delle nostre azioni il cittadino ed i suoi bisogni e costruire le varie politiche a partire dalle loro necessità e dalle loro esigenze. Nel caso del volontariato, dobbiamo avere la capacità di costruire uno schema moderno e più razionale di protezione sociale attiva: da un welfare del risarcimento ad un welfare per lo sviluppo. Le varie istituzioni devono evitare il rischio di diventare l’eco di sé stesse, devono finire di guardarsi allo specchio per curare la propria sopravvivenza e farne l’unico fine della loro esistenza. Lo scopo per il quale sono nate è quello di guardare all’altro, alla persona, sia essa cittadino o alunno.
Il saggio è colui che riesce a cambiare il proprio punto di vista, colui che riesce a pensare in modo differente, difforme dalla consuetudine, chi è in grado di uscire dagli schemi preconfezionati ed acritici del si è sempre fatto così, utilizzando tutti gli strumenti di cui dispone. Davide non avrebbe mai potuto vincere con Golia in un classico combattimento corpo a corpo, come si aspettavano tutti. Ricorse, però, allo strumento in suo possesso, una semplice fionda con un ancor più semplice sasso, per compiere un’azione che cambiò il corso della storia. In tal modo riuscì ad abbattere un ostacolo molto più forte e molto meglio armato di lui.
Le istituzioni dovrebbero ripensare sé stesse in un’ottica di vero servizio, un’ottica che metta al centro il cittadino, la persona che si trova in una situazione di disagio, l’alunno che deve essere guidato verso un futuro migliore per sé e per la società ed adeguarsi di conseguenza, solo così potremo costruire, giorno per giorno, una società migliore, una società più giusta, una società più coesa.