
A proposito di dispersione
La rivista specializzata TuttoScuola ha svolto un’indagine, ripresa anche dal settimanale L’Espresso, sul fenomeno della dispersione scolastica. L’analisi è impietosa ed i numeri fanno rizzare i capelli. Molto interessante, sempre sul sito di TuttoScuola, la presentazione video a cura del professore Simone Consegnati. Le implicazioni sociali del fenomeno sono devastanti ma, si spera, chiare a tutti, per quanto impressionanti anch’esse, a molti sfuggono, però, le implicazioni di ordine economico, bene evidenziate e spiegate nel dossier.
Con qualche giorno di anticipo sulla pubblicazione e sulla diffusione dei dati, si è scatenata la caccia alle streghe, anzi alla strega: la scuola!
Tutti pronti a parlare ed a sottolineare l’inadeguatezza della scuola italiana, additata come origine di tutti i mali. Non voglio qui stare a difendere la scuola a spada tratta ed in maniera acritica, però vorrei ricordare, con buona pace della legge sull’autonomia, che le singole istituzioni scolastiche e tutto il sistema di istruzione e formazione italiano sono legati mani e piedi da una miriade di vincoli e di legacci che vengono dalla politica e dal mondo sociale ampiamente inteso.
Anche questo attacco fa parte di quella strategia della delegittimazione sociale che una classe politica, nota nel mondo per l’elevato livello di corruzione che si annida al suo interno, sta perpetrando nei confronti della scuola. È quella politica populista che al grido
di dagli all’untore cerca sempre e solo colpevoli altri da sé. La legittimazione della scuola fa comodo ai populisti ed ai masanielli di turno perché una scuola che non funziona non riesce a formare menti pensanti, giovani che abbiano spirito critico, e questo è un grande vantaggio per i burattinai che tirano le fila della società italiana.
La nostra classe politica, una volta persi i grandi Padri fondatori della Repubblica, è caduta in mano a ragazzini impreparati ed arroganti e, come ragazzini, capricciosi e volubili. Loro si definiscono politici ma sono solo mestieranti che cercano di cavalcare il malcontento comune, lasciandosi, di fatto, guidare dalla massa. Il politico vero, il politico che ha scelto di servire il Paese, e non già di servirsene, invece, deve guidare le masse, le deve istruire, deve essere faro di onestà, di correttezza e di coerenza. Deve avere una visione alta del domani e deve essere in grado di portarla avanti con determinazione e non inseguire una manciata di voti per garantirsi un’altra legislatura. Se si paragonano i politici attuali con quelli degli anni ‘60, ’70 e ’80 del secolo scorso il confronto è imbarazzante.
Nei numeri della dispersione pubblicati da TuttoScuola anche la scuola, ovviamente, ci ha messo del suo. Fa impressione vedere docenti neo-immessi in ruolo che non dimostrano la benché minima tensione verso lo studio e verso una professionalizzazione al passo con i tempi. Si lasciano trasportare dalla corrente del si è sempre fatto così, si scopiazza qualche documento di cui non si può fare a meno e si tira a campare. Ma in questo modo non si fa altro che mettere il disinteresse a regola di vita.
Non è retorica dire che l’insegnamento è una missione e che, come tale, deve alimentare ed essere alimentato dalla passione. Se il ragazzo che ci sta davanti è solo un nominativo dell’appello o una casellina del registro elettronico, sarebbe meglio per tutti abbandonare la scuola e dedicarsi ad altro. L’insegnamento è, prima di tutto, l’incontro tra due persone e, parafrasando Aldo Moro, l’alunno deve essere il principio e la fina dell’azione didattica ed educativa. La scuola deve mettere l’alunno al primo posto utilizzando i vari strumenti didattici e le diverse visioni pedagoghe strumentalmente alla maturazione dell’alunno ed alla sua crescita personale e sociale. Partendo da tale punto di vista perdono di significato molte delle polemiche che in questi giorni hanno animato il dibattito tra gli addetti ai lavori.
Le famiglie cercano, per i loro figli, la scuola migliore o la classe migliore, ma il docente deve partire dalla convinzione che bisogna fondare il valore della scuola sul valore degli uomini e non viceversa. Ma assistiamo spesso ed a tutti i livelli a scelte strumentali a fini e ad interessi personali o di parte. Non sia mai che il dominio degli interessi prevarichi i valori dell’uomo. Le nostre scelte, come genitori, come docenti o, semplicemente, come persone, siano sempre finalizzate al bene comune ed al rispetto dell’altro. È solo così che potremo aspirare ad una società più giusta e maggiormente a misura d’uomo. La giustizia, infatti, perde di incisività quando diventa compromesso tra etica ed economia, intesa nell’accezione più ampia. È un rischio che ci accompagna dappresso, è un pericolo che corriamo quotidianamente, perché l’uomo è incline a porre i suoi interessi al di sopra dei valori propri della vita.
All’inizio ho parlato di strategia della delegittimazione sociale della scuola, ebbene, il docente, come ogni persona, deve, invece, vivere e mettere in pratica la strategia dell’attenzione alla dignità umana.
Chiudo questo piccolo sfogo personale con un aforisma di Carmelo Bene: «Se si vuole davvero cambiare qualcosa, bisogna cominciare a cambiare sé stessi, andare contro sé stessi fino in fondo. Il massimo impegno civile è l’autocontestazione.»