INVALSI e dintorni

INVALSI e dintorni

9 Settembre 2018 0 Di giuseppe perpiglia

Tra le incombenze che attendono docenti ed alunni nella prima parte dell’anno scolastico vi sono le prove di verifica. Esse sono finalizzate alla conoscenza della situazione di partenza per poter, quindi, programmare nel modo più razionale possibile. La progettazione e la programmazione devono essere in perfetta sintonia con gli alunni, con il loro vissuto e con le competenze di cui sono portatori, ma anche con il processo di insegnamento-apprendimento proposto dai documenti ministeriali. In tale ottica acquista relativa importanza il monitoraggio del processo didattico-educativo progettato e programmato. Per questo il docente deve verificare continuamente, con cadenza giornaliera, la sua attività e, soprattutto, gli effetti registrati, cioè le ricadute sui ragazzi, e deve essere pronto, se necessario, a modificare il suo intervento. È bene ribadire, anche se superfluo, che la scuola ed il docente devono adeguarsi agli studenti e non già il contrario. Con le stesse finalità, alla verifica iniziale si affiancano, come momenti istituzionali e strutturati, la verifica intermedia e quella finale. La curvatura dell’intervento didattico sugli interessi, sulle capacità e sul bagaglio culturale degli alunni trova origine e scopo nell’autonomia scolastica. Accanto all’autonomia, però, non dobbiamo dimenticare che l’istruzione pubblica è un sistema su base nazionale, deputato al rilascio di certificazioni che hanno lo stesso valore su tutto il territorio della Repubblica. Si vengono a scontrare, quindi, due esigenze: quella dell’autonomia e quella della standardizzazione e confrontabilità dei risultati. La soluzione trovata per superare tale dicotomia è quella dell’introduzione delle prove standardizzate proposte dall’INVALSI –Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione.

Come detto da più parti e come si è sicuramente avuto modo di leggere su numerosi documenti ufficiali, lo scopo delle prove INVALSI è la valutazione del sistema. È pur vero, però, che ogni scuola ed ogni classe, grazie alla disaggregazione dei dati, viene confrontata con le medie nazionali e regionali. Questo crea un certo disagio in molti docenti e dirigenti che si sentono, a torto, sotto inchiesta. I risultati dei test INVALSI devono servire da spunto e da punto di partenza per stilare il rapporto di autovalutazione ed il conseguente piano di miglioramento. Ma la dicotomia autonomia-standardizzazione ha altri effetti che non si possono sottacere.

Il primo effetto interessa la metodologia didattica. Infatti, i test INVALSI sono stilati seguendo ben precise correnti di pensiero psico-pedagogiche. Ne consegue che, se si vogliono avere risposte corrette ai test, i docenti devono insegnare tenendo presenti le stesse indicazioni e le stesse logiche di pensiero. Non si tratta certo di strumenti estranei al bagaglio culturale dei docenti o avulsi dalle attività che quotidianamente i docenti svolgono in classe, comunque tale condizione rappresenta pur sempre un limite. Ben sappiamo tutti che ogni classe ed ogni alunno presentano delle caratteristiche che ne fanno un soggetto unico, per cui quello che è il non plus ultra in un caso potrebbe non essere indicato in un altro.

Il secondo effetto è meno alto, ma pur sempre importante. I test INVALSI si basano su un pool di conoscenze e di contenuti che, secondo il parere di esperti e pedagoghi del MIUR e dell’INVALSI, tutte le classi, in tutta la penisola, avrebbero dovuto svolgere, e quindi essere acquisiti dagli alunni, entro il mese di aprile. Ma non è detto che sia sempre così. Le classi, come già affermato, sono entità che possono differire molto tra di loro per cui non è sempre possibile standardizzate tempi e contenuti. Le scelte didattiche possono stravolgere quella che è un’aspettativa media per cui può capitare che un dato docente, in una data classe, non abbia proposto alcuni contenuti. Ne consegue che quella classe si posizionerà nella parte bassa della statistica stilata a cura dell’INVALSI e magari, la stessa classe, eccelle in un campo non considerato dai testi standardizzati. Sicuramente il docente accorto e razionalmente critico non si prenderà cruccio di una tale evenienza, ma la cosa potrebbe avere un contraccolpo psicologico che nono giova certo all’autostima dei soggetti in formazione.

Si comprende come non sia affatto semplice mediare tra le istanze dell’autonomia, quelle della personalizzazione e quelle della standardizzazione. È ben chiaro a tutti, inoltre, che non si può abbassare il livello qualitativo dei test INVALSI, altrimenti perderebbero il loro potere discriminante e tutto il sistema di valutazione imploderebbe in una farsa senza senso. L’unica via d’uscita è quella di approcciare i test standardizzati con razionalità e spirito critico, andando ad indagare i meccanismi richiesti in modo da giungere ad una sintesi accettabile per tutti le diverse esigenze e le diverse istanze.