
Sharing economy e scuola
La sharing economy, o economia collaborativa, è un sistema per scambiare beni, servizi e competenze tra pari. È anche detta, infatti, peer economy. La sharing economy prevede l’eliminazione di tutte quelle sovrastruttura che noi chiamiamo mercato. Essa si caratterizza dal contatto diretto tra domanda ed offerta utilizzando il web come interfaccia.
Non si tratta di un’attività molto nuova, dal momento che essa veniva praticata, soprattutto nei borghi più piccoli, con il nome di baratto, ben prima dell’avvento del web. L’affermarsi della rete ha reso tutto più facile allargandone a dismisura gli orizzonti. L’ultima, decisiva, spinta gli è stata dalla crisi del 2008, ancora perdurante. Stiamo assistendo al passaggio da un’economia di possesso ad un’economia di condivisione. Nel contempo, però, si stanno affermando localismi e chiusure. Questa dicotomia sociale non lascia molto spazio all’ottimismo perché si stanno accumulando tensioni, spesso gonfiate ed alimentate da (pseudo)governanti che non hanno ben inteso quale sia il loro ruolo.
Il motore della sharing economy, la spinta propulsiva che ne permette la stessa esistenza, è la condivisione degli interessi. In questo senso viene privilegiato anche il riciclo ed il riuso: quello che non va più bene ad uno potrebbe risolvere il problema di qualche altro.
In un ambiente relativamente ristretto, comunque selezionato, come quello scolastico, i vantaggi dello sharing, dello scambio, della collaborazione porterebbero vantaggi ancora più considerevoli. Ma spesso ci chiudiamo nelle nostre classi e lasciamo fuori tutto il resto. Il problema della scarsa collaborazione tra docenti riveste grande importanza per diversi ordini di motivi. Il mancato scambio di esperienze e di competenze fa sì che ne risenta negativamente tutto il sistema, con ripercussioni anche sul singolo. Le acquisizioni del singolo, non diventando acquisizioni comuni, non portano alcun beneficio alla comunità ma solo, e parzialmente, al singolo, appunto.
La collaborazione tra docenti diminuisce all’aumentare dell’età degli studenti. I momenti collegiali e di confronto si riducono a momenti dedicati al chiacchiericcio ed al disinteresse, per cui vengono visti come una perdita di tempo ed anche, a torto o a ragione, come attività non contrattualmente dovute. Il ruolo e la funzione del docente, nel bene e nel male, non possono e non debbono esaurirsi all’interno del contratto di lavoro. Il docente, figura complessa e complicata, deve accettare il suo ruolo totalizzante che una tale mansione richiede e pretende. Ed in tale funzione un posto di primo piano è quello occupato dal sistema. Non è più tempo del docente solitario che si confronta con la classe come singolo individuo. Oggi il docente, qualunque sia il grado scolastico cui appartiene, deve presentarsi come membro di una comunità educanda, che va ben oltre le pareti dell’aula ed il perimetro dell’istituzione scolastica. In questo modo, i messaggi che arrivano all’allievo ed allo studente sono messaggi coerenti che si rafforzano l’un l’altro, acquistando maggiore efficacia. In tal modo si dà anche maggiore legittimazione al singolo docente ed a tutta l’istituzione. La legittimazione, a sua volta, porta ad un’affezione maggiore da parte dello stesso docente ma anche degli alunni, il che migliora il clima relazionale della classe e, di conseguenza, anche il profitto.
Il docente deve prendere definitiva e completa consapevolezza del suo ruolo di guida e di modello. Deve capire che anche la sua vita privata entra a pieno titolo, direttamente o indirettamente, nella programmazione annuale e nel piano triennale dell’offerta formativa che l’istituzione stila per i suoi alunni.
Nei corridoi delle diverse scuole, in special modo all’inizio di ogni anno scolastico, si sente imprecare contro il destino (o contro il Dirigente) che ci ha assegnato quella classe o quell’alunno, ma il destino ce lo creiamo noi con le nostre scelte e con i nostri comportamenti.